mercoledì 7 marzo 2012

Lo Yugobasket / 2

Nel precedente post sul basket in Jugoslavia concludevo spiegando come secondo Sergio Tavčar, nota voce di Tele Capodistria, il maggior rischio per il basket jugoslavo fosse quello "dell'americanizzazione" (che ha già condannato l'Italia). Che cosa vuol dire americanizzarsi lo si può capire forse da soli, ed è qualcosa di applicabile a tutti i campi della vita. Ma nello sport questa cosa si capisce forse meglio.
Fra i suoi aneddoti Tavčar raccontava di quando a inizio partita vide una squadra fare un gioco spettacolare, finire l'azione con una schiacciata ed esultare come cretini. Nell'azione seguente, la squadra avversaria crea un'azione diligente, un tiro semplice, e il marcatore, alzando le dita, avverte: guardate che siamo due a due.
L'americanizzazione, detta in altri termini, è lo strapotere dell'immagine sulla sostanza. Nell'NBA, spiega Tavčar, si possono vedere giocatori esultare per una schiacciata anche se la propria squadra è sotto di venti punti. E per la stessa ragione è ormai impossibile vedere un giocatore mirare al tabellone, anche se questo rende più semplice fare canestro.
Questo tipo di impostazione diventa letale per lo sport: l'estrema spettacolarizzazione rischia di trasformare ciò che conosciamo in qualcosa di diverso. E' il caso della lotta libera e della lotta greco-romana: relegate ormai a sport di quarto ordine mentre la versione finta e spettacolarizzata, cioè il wrestling, dilaga in TV.
Le squadre dell'ex Jugoslavia riusciranno a mantenere la loro forza solo se resteranno immuni da questa filosofia, dando spazio al loro spirito balcanico, irruento, genialoide, grezzo. Ma soprattutto, autentico e sincero.

P.S. Nella foto: Mirza Delibasic, talento jugoslavo degli anni Ottanta.

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