Sergio Endrigo è nato a Pola, in Istria, nel 1933. Nel 1947 emigra in Italia per le vicende connesse all'esodo Istro-Giuliano-Dalmata. Che Endrigo sia istriano di nascita non lo sa quasi nessuno, eppure racconta la sua storia in una canzone (a dire la verità altrettanto sconosciuta), intitolata "1947". Oggi è il Giorno del ricordo di quell'esodo, e delle foibe: mi sembra il giorno giusto per ascoltare quella canzone. Perché ci restituisce quelle vicende in maniera reale, nella dimensione di un dramma umano e non con il filtro di una ricostruzione storica strumentale.
Istituito nel 2004 dall'allora Governo Berlusconi, il Giorno del ricordo ha sempre destato la diffidenza di alcuni storici. Non certo perché si voglia omettere una parte drammatica della storia italiana, ma perché raccontare le vicende dell'Istria e della Dalmazia limitandosi a parlare di esodo e foibe è un tentativo, secondo l'abusata litania degli "italiani brava gente", di incanalare la violenza secondo criteri etnici. I bravi italiani da una parte e gli slavi cattivi dall'altra. Il che è come commentare una partita di calcio raccontando solo quanto avviene in una delle due metà campo. Spesso, quando si viene tacciati di anti-italianismo, la verità è l'opposto. Chi vuole raccontare le foibe inserendole nel contesto in cui si sono sviluppate vuole far crescere la moralità del proprio Paese: perché se è vero che è giusto ricordare le proprie vittime è ancora più necessario ricordare i propri errori. Almeno, se c'è un insegnamento che i miei studi universitari in Storia mi hanno dato mi sembra questo.
Se il Giorno del ricordo diventerà dunque anche questo, e oltre le foibe in futuro ricorderà davvero (come già ora dice la legge) la più complessa vicenda del nostro confine orientale, allora la canzone di Sergio Endrigo, che narra di un dramma umano e non etnico, forse verrà postata un po' di più sulle nostre bacheche Facebook, rendendo giustizia alle vittime di qualsiasi etnia.
Io, intanto, ci provo da subito: