Stamattina ero a Sky Sport 24 per una chiacchierata con Francesco Pierantozzi sul rugby e sul libro, che esce proprio oggi in libreria. Chiacchierata che è proseguita anche nel fuori-onda, con un piacevole scambio di vedute sul futuro del rugby italiano e sui tanti giovani che si appassionano alla palla ovale.
Uscito dagli studi milanesi di Sky per raggiungere la stazione mi sono fermato per una tappa rigeneratrice al bar. Obiettivo: sciogliere la tensione televisiva con una bella birra fresca!
Purtroppo l’accoglienza non è stata quella tipica dei terzi tempi rugbistici: alcolici vietati in diverse zone di Milano a causa della partita (di calcio) di stasera, che mi dicono essere Inter VS Tottenham.
Non c’è che dire, ragazzi. Tra calcio e rugby le differenze non si fermano alla forma della palla...
Tornando per un attimo a Rugbyland, ho pensato a un piccolo regalo per i lettori nel giorno del lancio: le regole del gioco scritte da Edoardo Gori, in un comodo pdf da scaricare e tenere sempre a portata di click.
Perché se è vero che ci sono giocatori che non conoscono tutte le regole (e secondo alcuni è anche per questo che nessuno si
lamenta mai con l’arbitro) è anche vero che le basi del rugby sono molto semplici - Gori le sintetizza in 10 punti - e val la pena di conoscerle per godersi meglio le partite, tipo quella di sabato contro l'Irlanda.
Si parte anche con le presentazioni: a breve le news a
riguardo. Per i più pigri, il libro è disponibile anche online a un prezzo che più scontato non si può.
giovedì 14 marzo 2013
lunedì 11 marzo 2013
Il tallonatore
Arriviamo alla spiegazione del ruolo del tallonatore, nel nostro paragone fra miti greci e ruoli del rugby. Se, come dicevamo, il pilone sinistro è Atlante, chi potrebbe essere il tallonatore ideale?
Le principali caratteristiche del tallonatore, che indossa la maglia numero 2, devono essere queste: una buona capacità di spinta con le gambe (è pur sempre una prima linea!) e delle mani piuttosto sensibili (perché sarà lui a lanciare le touche). Chi, nell'antica Grecia, aveva queste due caratteristiche? Semplice: il Dio Pan! Con quelle nerborute gambette da capra Pana è perfetto per spingere in ruck e tallonare il pallone in mischia chiusa. E grazie alle sue mani, capaci di suonare con delizia il suo flauto, ci sono buone probabilità che possa lanciare ottime rimesse laterali.
Trovato il tallonatore, ora, per completare la prima linea, ci manca solo il pilone destro.
Le principali caratteristiche del tallonatore, che indossa la maglia numero 2, devono essere queste: una buona capacità di spinta con le gambe (è pur sempre una prima linea!) e delle mani piuttosto sensibili (perché sarà lui a lanciare le touche). Chi, nell'antica Grecia, aveva queste due caratteristiche? Semplice: il Dio Pan! Con quelle nerborute gambette da capra Pana è perfetto per spingere in ruck e tallonare il pallone in mischia chiusa. E grazie alle sue mani, capaci di suonare con delizia il suo flauto, ci sono buone probabilità che possa lanciare ottime rimesse laterali.
Trovato il tallonatore, ora, per completare la prima linea, ci manca solo il pilone destro.
venerdì 8 marzo 2013
Le Donne di Rugbyland
“Il rugby non è uno sport, è un gioco. Altrimenti io non lo farei fare ai miei figli. È un gioco di libertà. Perché correre in un prato con la palla in mano è sentirsi liberi. Avete mai provato? Liberi all’interno delle regole. E io penso che questa, alla fine, possa essere l’ambizione di tutti.”
Maria Cristina Tonna
responsabile della Nazionale italiana di rugby femminile
Se lo dice Maria Cristina - non so voi - io ci credo. E questa è la citazione che si è guadagnata la quarta di copertina di RUGBYLAND, la mia guida "spirituale" alle città del rugby, fatta come al solito di foto, disegni, fumetti (di Gabriele Gamberini, come sempre), interviste e testimonianze raccolte in tutta Italia.
Il libro è disponibile online da oggi (ed è pure scontato), mentre nelle librerie arriva il 14 marzo. Ah, la prefazione è di Claudio Bisio, giusto per completare il manipolo di asini coraggiosi che hanno spinto in questa ultima mischia, e ci sono pure le regole del gioco spiegate a tutti da Edoardo Ugo Gori.
Nel frattempo ci gustiamo la partita del 6 Nazioni contro l’Inghilterra, sulla quale prometto commenti lucidi più o meno a caldo.
Maria Cristina Tonna
responsabile della Nazionale italiana di rugby femminile
Se lo dice Maria Cristina - non so voi - io ci credo. E questa è la citazione che si è guadagnata la quarta di copertina di RUGBYLAND, la mia guida "spirituale" alle città del rugby, fatta come al solito di foto, disegni, fumetti (di Gabriele Gamberini, come sempre), interviste e testimonianze raccolte in tutta Italia.
Il libro è disponibile online da oggi (ed è pure scontato), mentre nelle librerie arriva il 14 marzo. Ah, la prefazione è di Claudio Bisio, giusto per completare il manipolo di asini coraggiosi che hanno spinto in questa ultima mischia, e ci sono pure le regole del gioco spiegate a tutti da Edoardo Ugo Gori.
Nel frattempo ci gustiamo la partita del 6 Nazioni contro l’Inghilterra, sulla quale prometto commenti lucidi più o meno a caldo.
giovedì 14 febbraio 2013
6 nazioni femminile - Di sport, cittadinanza e ius soli
Forse non tutti sanno che esiste un 6 nazioni femminile. E che quest'anno le ragazze della nazionale di rugby si stanno comportando alla grande: hanno vinto due partite su due e attendono la sfida in casa col Galles per stupire ancora.
Il Mattino di Padova riporta oggi la storia di una di queste ragazze che non può che far riflettere. Lei si chiama Cristina Molic. È moldava, ma gioca per la nazionale italiana. Nonno italiano direte voi. No. E allora si è sposata un italiano o e qui da abbastanza tempo da aver ricevuto la cittadinanza italiana. No. O meglio, sì. Cristina vive in Italia da quando era bambina, ma la burocrazia italiana tarda a giungerle in sostegno.
Cristina è ancora cittadina moldava, ma gioca nella nazionale italiana. Come è possibile? Facile: nel rugby è possibile eleggere la propria formazione rugbistica, e siccome Cristina ha giocato a rugby solo in Italia, qui lo ha scoperto, e qui lo gioca tuttora, ha potuto optare per la nazionale azzurra.
Per ora difende i colori della nazionale in campo, in attesa che anche fuori dal campo qualcuno trasformi l'Italia in un paese moderno, permettendole di dirsi italiana.
Il Mattino di Padova riporta oggi la storia di una di queste ragazze che non può che far riflettere. Lei si chiama Cristina Molic. È moldava, ma gioca per la nazionale italiana. Nonno italiano direte voi. No. E allora si è sposata un italiano o e qui da abbastanza tempo da aver ricevuto la cittadinanza italiana. No. O meglio, sì. Cristina vive in Italia da quando era bambina, ma la burocrazia italiana tarda a giungerle in sostegno.
Cristina è ancora cittadina moldava, ma gioca nella nazionale italiana. Come è possibile? Facile: nel rugby è possibile eleggere la propria formazione rugbistica, e siccome Cristina ha giocato a rugby solo in Italia, qui lo ha scoperto, e qui lo gioca tuttora, ha potuto optare per la nazionale azzurra.
Per ora difende i colori della nazionale in campo, in attesa che anche fuori dal campo qualcuno trasformi l'Italia in un paese moderno, permettendole di dirsi italiana.
venerdì 8 febbraio 2013
Il pilone perfetto? Atlante!
In attesa di Rugbyland, che uscirà a marzo, eccovi la spiegazione dei ruoli del rugby che vi avevo promesso. L'ho pensata in una forma un po' particolare: attraverso i miti greci!
Partiamo con il primo ruolo, numero 1, il Pilone sinistro. Chi verrà convocato?
In una squadra di rugby ideale Atlante, il titano costretto da Zeus a sostenere sulle proprie spalle la Terra, sarebbe senza dubbio un ottimo pilone. Per sostenere il mondo come fa Atlante, bisogna avere una forza enorme e un incredibile senso di sacrificio. Il pilone, che grazie alle sue spalle e alla forza del suo collo (la prima vertebra non a caso si chiama Atlante... ) è il ruolo che più necessita di queste caratteristiche perché solo chi è dotato di forza sovrumana e abnegazione può pensare di sorreggere il peso di una mischia ordinata ed essere sempre presente a far valere i propri chili nelle ruck.
Omero parla di Atlante come del "pilastro del cielo". Noi preferiamo chiamarlo il pilone del cielo. E visto che il cielo è azzurro come non ringraziare il pilone azzurro, il Barone Andrea Lo Cicero, che domani in Scozia vestirà per le centesima volta la maglia azzurra?
Partiamo con il primo ruolo, numero 1, il Pilone sinistro. Chi verrà convocato?
In una squadra di rugby ideale Atlante, il titano costretto da Zeus a sostenere sulle proprie spalle la Terra, sarebbe senza dubbio un ottimo pilone. Per sostenere il mondo come fa Atlante, bisogna avere una forza enorme e un incredibile senso di sacrificio. Il pilone, che grazie alle sue spalle e alla forza del suo collo (la prima vertebra non a caso si chiama Atlante... ) è il ruolo che più necessita di queste caratteristiche perché solo chi è dotato di forza sovrumana e abnegazione può pensare di sorreggere il peso di una mischia ordinata ed essere sempre presente a far valere i propri chili nelle ruck.
Omero parla di Atlante come del "pilastro del cielo". Noi preferiamo chiamarlo il pilone del cielo. E visto che il cielo è azzurro come non ringraziare il pilone azzurro, il Barone Andrea Lo Cicero, che domani in Scozia vestirà per le centesima volta la maglia azzurra?
lunedì 4 febbraio 2013
6 nazioni - "E i francesi che si incazzano..."
Quando al 57esimo minuto l'Olimpico è esploso per la meta di Martin Castrogiovanni che ci aveva portato al pareggio io mi sono alzato in piedi. In silenzio. Ero con tre amici. Due si sono abbracciati fra di loro, l'altro ha abbracciato me, voltando le spalle al campo. Ha urlato, travolto dall'entusiasmo, poi quando ha visto la mia faccia cupa, improvvisamente si è rattristito. È un nuovo adepto della religione ovale e spesso gli sfuggono delle regole. Così, intimorito dalla mia faccia, mi ha chiesto "Non è metà?" "No, Guido, tranquillo. È meta. È che io non ci credo."
Non è che non volevo esultare. Ma stavo cercando di stare calmo. Perché gli ultimi dieci minuti sono stati da svenimento. Per carità, Guido è rianimatore, ma era meglio rimanere coscienti e godersi quei momenti.
Infatti alla fine la gioia però è esplosa, con tutti la gente che si abbracciava, pur non conoscendosi.
Questa vittoria da respiro al rugby italiano e nelle prossime ore nuovi fan si avvicineranno probabilmente alla palla ovale. Come dare loro il benvenuto? Semplice, spiegando questo magnifico gioco. Nei prossimi giorni pubblicherò dei post per i nuovi tifosi in cui cercherò di spiegare in maniera simpatica i compiti dei diversi ruoli...
Come lo farò? Paragonandoli a degli esseri leggendari che tutti conoscono in modo da rendere più simpatico il tutto.
A presto per capire di chi parlo...
Stay tuned!
mercoledì 30 gennaio 2013
Il rugby e la questione irlandese
Era il 30 gennaio 1972 quando a Derry, in Irlanda del nord i paracadutisti inglesi spararono su una folla inerme che stava protestando per i diritti civili uccidendo 14 persone e ferendone altre 12. Il vergognoso atto dell'esercito inglese venne reso celebre dagli U2, che raccontano i terribili fatti di quella giornata nella loro famosa Canzone Bloody Sunday.
I disordini che colpirono l'Irlanda nelle settimane seguenti ebbero ovviamente strascichi anche sullo sport e in particolare sul rugby. L'allora Torneo delle 5 Nazioni non venne concluso perché Galles e Scozia si rifiutarono di giocare nel clima di tensione che regnava a Dublino in quei mesi. Fu così che il torneo del 1972 non venne completato: si tratta dell'unico caso a partire dal 1947 ad oggi.
Fu così che la seconda Bloody Sunday andò a incrociarsi con un evento sportivo. Seconda perché nella questione irlandese esiste un'altra Bloody Sunday, meno nota, risalente al 1920, in cui sport e politica si intrecciano ancora di più. Era infatti il 21 novembre 1920 quando l'esercito inglese fece irruzione nello stadio Croke Park di Dublino mentre si stava svolgendo una partita di calcio gaelico e uccise, sempre sparando sulla folla, 12 persone (più due uccise dalla calca delle persone in fuga) per rappresaglia dell'uccisione di 19 agenti segreti inglesi.
Gli inglesi profanarono così anche simbolicamente Croke Park, che essendo uno stadio pensato per gli sport di origine irlandese era interdetto agli sport britannici come il calcio e il rugby.
Fu solo nel 2007 che per la prima volta uno sport di origine inglese venne giocato a Croke park. Si trattava di una partita di rugby del 6 Nazioni: in quel momento la casa del rugby irlandese, Lansdowne Road era in ristrutturazione (dopo la quale perse il suo antico nome prendendo quello sponsor e divenne l'Aviva Stadium) e la federazione di sport gaelici acconsentì a questo storico evento.
Particolarmente significativa fu la partita fra Inghilterra e Irlanda, quando tutto lo stadio cantò l'inno dell'Irlanda unita. Perché nel rugby, Irlanda del Nord ed Eire giocano insieme. Ed hanno anche un loro inno, scritto appositamente nel 1995: Ireland's Call.
venerdì 30 novembre 2012
Solo da imparare
The spirit of rugby è un premio che ogni anno l'IRB, la federazione mondiale del rugby assegna a chi è riuscito a interpretare al meglio i valori di questo sport. Nel 2009 il premio andò a L'Aquila rugby, per la tenacia con cui la squadra abruzzese aiutò la città colpita dal terremoto. Città che peraltro vanta una tradizione non indifferente: un capitolo di Rugbyland sarà dedicato al mio incontro con le vecchie glorie dell'Aquila, che fra gli anni '70 e '80 dominarono il campionato italiano.
Tornando al premio, la notizia è che federazione quest'anno ha deciso di assegnarlo a una donna. Il suo nome è Lindsay Hilton. Ed è nata senza gambe né braccia. Ma per le compagne è solo il mediano di mischia.
venerdì 16 novembre 2012
Un nuovo viaggio... dentro la palla ovale!
Domani l'Italia del rugby affronterà, in uno stadio Olimpico tutto esaurito, gli All Blacks, i maestri di questo sport. Uno sport ricco di valori, che ancora oggi è preso come esempio di correttezza, di lealtà, di unione.
Uno sport che può essere preso come modello educativo per i più giovani, ma non solo. Uno sport che però, a parte alcune storiche roccaforti, non è esploso in Italia come meriterebbe.
Se la Nazionale è arrivata alla ribalta delle cronache, è ancora sconosciuto invece tutto il sottobosco, tutti quei campi di provincia dove fra fango, freddo, nebbia (e tante botte) scorre la linfa vitale del rugby italiano.
Dopo Yugoland, viaggio alla scoperta dei Balcani, con BeccoGiallo ci siamo detti "Perchè non un altro viaggio, per scoprire questo affascinante sport?"
Sta così nascendo "Rugbyland, viaggio per l'Italia del rugby". Un percorso che vuole scoprire chi in passato ha reso celebre questo sport e chi oggi ne difende i valori.
Rugbyland, esattamente come Yugoland, è un viaggio, attraverso le città e i paesi dove questo sport è cresciuto, condito con interviste dei protagonisti del rugby italiano e gli immancabili fumetti di Gabriele Gamberini.
Vista l'occasione vi sveliamo le prime tavole in anteprima. Vi siete mai chiesti come il rugby sia arrivato in Italia?
Uno sport che può essere preso come modello educativo per i più giovani, ma non solo. Uno sport che però, a parte alcune storiche roccaforti, non è esploso in Italia come meriterebbe.
Se la Nazionale è arrivata alla ribalta delle cronache, è ancora sconosciuto invece tutto il sottobosco, tutti quei campi di provincia dove fra fango, freddo, nebbia (e tante botte) scorre la linfa vitale del rugby italiano.
Dopo Yugoland, viaggio alla scoperta dei Balcani, con BeccoGiallo ci siamo detti "Perchè non un altro viaggio, per scoprire questo affascinante sport?"
Sta così nascendo "Rugbyland, viaggio per l'Italia del rugby". Un percorso che vuole scoprire chi in passato ha reso celebre questo sport e chi oggi ne difende i valori.
Rugbyland, esattamente come Yugoland, è un viaggio, attraverso le città e i paesi dove questo sport è cresciuto, condito con interviste dei protagonisti del rugby italiano e gli immancabili fumetti di Gabriele Gamberini.
Vista l'occasione vi sveliamo le prime tavole in anteprima. Vi siete mai chiesti come il rugby sia arrivato in Italia?
giovedì 15 novembre 2012
Non lascio e raddoppio
Ultimamente ho aggiornato il blog un po' meno del solito. In parte è colpa delle non poche presentazioni di Yugoland, che mi hanno portato un po' ovunque in giro per l'Italia (prossimo appuntamento: mercoledì 21, a Lodi, con Luka Zanoni, direttore dell'Osservatorio Balcani Caucaso). La cosa è bella, naturalmente, perché significa che il libro è piaciuto. E poco male per il blog: per fortuna ci sono diverse persone sul web italiano che pubblicano con competenza notizie relative ai Balcani.
Però mi dispiaceva concludere l'esperienza del blog, e quindi, anche se qui si continuerà a parlare di ex Jugoslavia e vi aggiornerò sulle mie future peregrinazioni balcaniche, Yugoland diventerà un blog un più personale, che tratterà argomenti diversi.
Fra le varie cose - visto il successo di Yugoland! - lo userò come foglio degli appunti a cielo aperto per il mio nuovo lavoro, che ormai sto portando avanti con BeccoGiallo da un paio di mesi. Speriamo porti fortuna.
P.S. Di cosa si tratta? Pazientate ancora qualche ora e lo scoprirete. Intanto, volete tirare a indovinare?
Però mi dispiaceva concludere l'esperienza del blog, e quindi, anche se qui si continuerà a parlare di ex Jugoslavia e vi aggiornerò sulle mie future peregrinazioni balcaniche, Yugoland diventerà un blog un più personale, che tratterà argomenti diversi.
Fra le varie cose - visto il successo di Yugoland! - lo userò come foglio degli appunti a cielo aperto per il mio nuovo lavoro, che ormai sto portando avanti con BeccoGiallo da un paio di mesi. Speriamo porti fortuna.
P.S. Di cosa si tratta? Pazientate ancora qualche ora e lo scoprirete. Intanto, volete tirare a indovinare?
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